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Il fatto

Benzinaio ucciso, mobilitazione per aiutare la famiglia di Nahid

Rapina finita nel sangue al distributore, indagini serrate da parte dei carabinieri

Benzinaio ucciso, mobilitazione per aiutare la famiglia di Nahid

Dal Bangladesh aveva deciso di trasferirsi in Italia, di costruirsi un futuro migliore. E così con tanti sacrifici era arrivato a Roma, poi ad Ardea, sul litorale romano, dove aveva iniziato a gestire un distributore di carburante. Mercoledì mattina, come tutte le mattine, ha salutato sua moglie, i suoi due figli che adorava, ha indossato la tuta di lavoro e si è recato lì, nel suo piccolo ‘mondo’. Ma a casa Nahid Miah, che aveva compiuto gli anni da poco, non è più ritornato: un malvivente lo ha ucciso nel corso di una rapina finita in tragedia.


Armato e con un casco in testa per non farsi riconoscere, almeno da una primissima ricostruzione, un uomo sarebbe arrivato lì, nel distributore. E non due, come inizialmente era stato detto. Voleva mettere a segno la rapina in quel distributore di carburante Toil di via delle Pinete a Tor San Lorenzo, ma tutto è poi sfociato nel sangue. Ha accoltellato il gestore, lo ha lasciato a terra, in una pozza di sangue. Per Nahid Miah, 36enne del Bangladesh, non c’è stato nulla da fare. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, che per circa un’ora hanno tentato in tutti i modi di salvarlo, senza però riuscirci. L’uomo è morto poco dopo l’una di martedì e il suo cuore ha smesso di battere.

Lui che era lì solo per lavorare e tornare poi a casa dalla sua famiglia, dalla moglie e dai figli di 3 e 7 anni. I carabinieri hanno fatto partire le indagini, hanno acquisito le immagini di videosorveglianza della stazione di servizio e hanno avviato le ricerche per identificare il responsabile. Intanto i cittadini di Ardea hanno messo in moto la macchina della solidarietà e nel loro piccolo stanno cercando di aiutare la famiglia di Nahid Miah.

«Cerchiamo di capire come poterli aiutare», un post che in poco tempo ha fatto il pieno di commenti: tutti uniti per stare accanto alla donna e ai suoi due figli piccoli. Tutti vogliono fare la loro parte e far sentire alla famiglia del 36enne che non è sola. Ora si stanno organizzando e presto il quadro sarà chiaro per capire come agire concretamente. Intanto, il fratello Nat, arrivato anche lui in Italia tanti anni fa, chiede giustizia. «Non si può morire così, per pochi euro, con una coltellata al cuore».

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