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Il caso

Dietro l'arsenale un'altra fazione pronta a schierarsi

Nuove dinamiche dietro agli arresti di Petillo e Scava con pistole e munizioni. C’è chi è pronto a inserirsi con i propri affari nella guerra in atto tra le fazioni emergenti

Dietro l'arsenale un'altra fazione pronta a schierarsi

Introduce nuovi scenari investigativi, ma soprattutto svela inquietanti dinamiche criminali, l’operazione portata a termine dai carabinieri venerdì sera nel complesso delle “torri gemelle” di via Pionieri della Bonifica con la scoperta di un piccolo arsenale in uno degli appartamenti popolari. Perché pistole e munizioni di provenienza illecita sono state trovate nell’alloggio dove vivono due nomi ridondanti delle cronache latinensi, quelli di Michele Petillo e del suocero Vincenzo Scava.

Finiti in carcere, si sono trincerati dietro un muro di silenzi quando ieri mattina, assistiti dagli avvocati Sandro Marcheselli e Alessia Vita, sono stati interrogati dal giudice, eppure quelle armi parlano più delle parole che avrebbero potuto pronunciare entrambi. Ovvero si prestano a una serie di interpretazioni che derivano proprio dal peso dei loro nomi negli ambienti della mala latinense.


Il nome più blasonato è quello di Michele Petillo, che ha appena 32 anni, ma vanta già un curriculum di tutto rispetto, tornato in libertà da qualche mese dopo avere finito di scontare una serie di condanne. Il suo debutto nella cronaca locale, da completo sconosciuto, risale al novembre del 2016 quando venne arrestato a soli 23 anni con oltre tre etti di cocaina nella camera da letto. Poco tempo più tardi il collaboratore di giustizia Renato Pugliese rivelò che quel giovane aveva fatto la sua fortuna, perché in quegli anni era a capo di un gruppo di giovani spacciatori, capaci di piazzare partite importanti di stupefacenti in tempi velocissimi, soprattutto tra i giovani frequentatori della zona dei pub. Un vero e proprio fuoriclasse che gli fu conteso da Giuseppe Di Silvio detto Romolo, capo indiscusso della potente famiglia che controllava appunto la zona di via Pionieri della Bonifica e il vicino quartiere Gionchetto, sgominata dall’indagine Scarface della Dda nella quale fu coinvolto anche lo stesso Petillo.


Eloquenti le rivelazioni di Renato Pugliese finite agli atti dell’indagine. «Michele Petillo l’ho cresciuto io, era un semplice spacciatore che acquistava i venti grammi - si legge in un interrogatorio di Pugliese del marzo 2017 - Mi dispiace parlare di lui perché mi ha fatto arricchire molto, mi portava 2.000 euro a settimana inizialmente, poi siamo arrivati a 30-40.000 euro al mese. Aveva una rete di spacciatori nella zona dei pub, io gli davo protezione, veniva a casa mia anche, avrà fatto circa un anno a lavorare per me. Io gli giravo la droga a basso prezzo, poi mi è stato tolto da Romolo Di Silvio per il quale ha iniziato a lavorare perché costretto». Circostanza confermata anche dall’altro pentito, Agostino Riccardo: «...era lo stesso Petillo a dire che stava con Romolo Di Silvio, che io conoscevo, ho visto anche alcune volte Petillo portare soldi a Romolo».


Arresti e processi non hanno scalfito l’ambizione di Michele Petillo, che tre anni fa non ha avuto timore di organizzare, dagli arresti domiciliari, una vendetta contro Matteo Baldascini, rampollo di una famiglia che una certo peso nella criminalità latinense, che a sua volta aveva avuto una lite animata col fratello più piccolo di Petillo. Alla fine la sete di rivalsa si era scatenata contro un amico di Baldascini, un minorenne che una sera di agosto del 2022 fu picchiato dal fratello e dal suocero di Petillo, Vincenzo Scava appunto, entrambi poi arrestati insieme a lui.


Insomma, nel contesto attuale, le tre pistole di provenienza illecita calibro 22, 9 e 7,65 corredate di oltre duecento cartucce, trovate nella disponibilità di Michele Petillo e del suocero, non fanno altro che rilanciare le loro figure, svelando l’ambizione che li anima o anima la fazione criminale che si cela dietro di loro. Con lo scontro a suon di attentati esplosivi di fine estate, scoppiato tra gruppi emergenti tra loro contrapposti, sopito solo dall’intervento delle forze di polizia che hanno iniziato a battere le piazze di spaccio per fermare l’escalation di azioni di forza, la figura di Petillo, oppure di chi gli ha affidato quelle armi, sembra insinuarsi come un “outsider” pronto a sfruttare l’occasione per guadagnare terreno con i propri affari, magari colmare i vuoi lasciati dagli arresti di questo periodo. Ma pronto anche a difendere i propri interessi. Con le armi.

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