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Il caso

Tiero, il nodo tangente e la spiegazione che non convince

Nel corso dell’interrogatorio non è stato in grado di fornire chiarimenti sul suo interessamento per i 6 mila euro pagati da un imprenditore a un ristorante

Tiero, il nodo tangente e la spiegazione che non convince
È la presunta tangente da seimila euro l’aspetto più grave delle accuse mosse dalla procura di Latina al consigliere regionale di Fratelli d’Italia Enrico Tiero. Una presunta dazione in denaro per favorire un imprenditore, L.M, titolare di aziende che lavorano con gli enti pubblici, come le Asl e la Regione. Su questo punto si concentra anche il giudice Giuseppe Cario nell’ordinanza che ha disposto la custodia cautelare agli arresti domiciìliari per il politico pontino.
 
Il caso ruota intorno a una fattura di 6.000 euro emessa dal ristoratore O.B. a fronte di una cena con pochi coperti, cifra ritenuta sproporzionata dagli inquirenti. Nei documenti si legge che Tiero avrebbe indicato personalmente a O.B. come intestare la fattura e avrebbe sollecitato il pagamento da parte dell’imprenditore L.M., presunto beneficiario dell’evento conviviale.
Nel corso dell’interrogatorio  il consigliere avrebbe dichiarato di essersi limitato a “fare da tramite” tra il ristoratore e l’imprenditore per aiutarli a chiarire il pagamento. Tuttavia, le intercettazioni sembrano raccontare una versione diversa.  In una conversazione, Tiero chiede se può “passare di mattina”, ma il ristoratore risponde di no, in quanto evidentemente non aveva la liquidità e gli propone di rinviare al pomeriggio.  Tutto si svolge nei giorni immediatamente successivi al pagamento della fattura. Poche righe dopo, gli inquirenti scrivono: «Che si tratti di somma corrisposta al Tiero è comprovato dall’intercettazione, nella quale il ristoratore propone di passare il pomeriggio per avere il tempo di mettere insieme il denaro».
 
Un dettaglio che, secondo la ricostruzione accusatoria, lascia intendere che la somma fosse destinata direttamente al politico, non al ristorante. Lo stesso giudice, nell’ordinanza che ha disposto gli arresti domiciliari, scrive che   «Non si spiega per quale ragione il politico debba seguire tutte le fasi di un pagamento, annunciare il prossimo pervenimento del bonifico e poi manifestare soddisfazione per l’avvenuto saldo se non perché era destinato a lui quel denaro».  Infatti, aggiunge il gip, nell’interrogatorio Tiero avrebbe dichiarato: «Quando ha pagato mi sono sentito contento».
E il giorno successivo, annotano gli investigatori, avrebbe concordato un incontro con B. per ricevere quanto dovuto, frase riassunta nelle carte con l’espressione: «Ti fermi là e ti do», pronunciata dal ristoratore al politico a conferma dell’appuntamento per la consegna.

Le indagini puntano quindi a chiarire la reale natura del pagamento: se effettivamente legato a un evento conviviale, o se — come sospettano gli investigatori — si tratti di una tangente camuffata attraverso una fattura fittizia. «Non si comprende per quale ragione — scrivono gli inquirenti — il ristoratore chieda istruzioni al politico e non all’imprenditore che avrebbe dovuto pagare la cena, se non per mascherare un’operazione inesistente e consentire al politico di ricevere quella somma».
 
Tiero ha comunque fornito una versione diversa dei fatti, ridimensionando il proprio coinvolgimento. Ha sostenuto di essersi soltanto offerto di verificare l’esattezza dei dati riportati in fattura e di aver cercato di “favorire un chiarimento tra le parti”.  «Mi sono limitato a fare da tramite per evitare fraintendimenti e permettere il saldo di una cena che non mi riguardava direttamente», avrebbe dichiarato l’indagato, negando qualsiasi percezione di denaro.
 
Il quadro delineato dagli inquirenti intreccia così due livelli dell’inchiesta: da un lato, la gestione del potere politico e dei tesseramenti all’interno di Fratelli d’Italia; dall’altro, la circolazione di denaro tra imprenditori e rappresentanti istituzionali, che avrebbe avuto come contrappeso favori e mediazioni. 

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