Il fatto
22.11.2025 - 10:30
L’accusa è di quelle pesanti: sfruttamento della prostituzione. Ne deve rispondere G.P, una 62enne di Terracina che è stata rinviata a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, e che dovrà quindi subire il processo programmato per il 13 ottobre del 2026 davanti al giudice monocratico. Ieri, alla presenza del pubblico ministero Valentina Giammaria e dell’avvocato difensore Francesco Pietricola, è emersa una vicenda che soltanto in sede dibattimentale potrà essere analizzata attentamente sotto ogni aspetto per i diversi punti poco chiari che, ad oggi, la contraddistinguono.
Tutto è partito dalla segnalazione ai carabinieri da parte di alcune persone vicine alla vittima del presunto sfruttamento, una 59enne di Latina e residente a Sabaudia che, come riportato nelle carte dell’inchiesta, “è un soggetto che deve considerarsi in stato di minorazione psichica”. I fatti contestati alla 62enne, residente a Borgo Hermada, risalgono al 2021 e avvennero a Sabaudia: la vittima, secondo l’accusa, sarebbe stata tratta in inganno e ricattata. L’inganno sarebbe consistito nel far credere alla 59enne che una tale “Lavinia”, in cambio di un corrispettivo in denaro, avrebbe potuto incidere positivamente sulle sorti della causa legata all’affidamento di suo figlio.
E qui è subentrato quello che appare a tutti gli effetti come un subdolo ricatto: l’imputata avrebbe costretto l’altra donna a prostituirsi, e a darle i soldi ricavati dalle sue prestazioni sessuali da consegnare in seguito alla fantomatica “Lavinia”, altrimenti “avrebbe perso la causa e, di fatto, ogni possibilità di affidamento del figlio”. Ma nella minaccia viene anche esplicitato un altro particolare: l’attività di prostituzione doveva essere “esercitata in modo continuativo e proficuo”.
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