Tra gli elementi di prova che possono inchiodare i quattro giovani romeni residenti a Latina, sospettati di essere i componenti della banda che ha compiuto furti in due supermercati in Toscana la notte del 24 marzo, c’è un documento d’identità falso, quello che tra l’altro è costato l’arresto in flagranza per uno di loro. Lo stesso documento, infatti, era stato utilizzato per fornire l’identità falsa, secondo gli investigatori della Squadra Mobile di Siena, nella struttura ricettiva dove i quattro hanno dimorato durante la loro trasferta in Toscana. Nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Siena, il pubblico ministero aveva disposto la perquisizione domiciliare nei confronti dei quattro indagati alla luce di quanto ipotizzato dai poliziotti a margine dell’indagine, basata inizialmente sull’analisi delle telecamere che leggono le targhe delle auto e registrano il passaggio dei veicoli sulle principali arterie della provincia di Siena, quindi sulle analisi dei movimenti dei telefoni negli orari e nelle zone compatibili con i luoghi dei furti. Erano saltate fuori così le vetture noleggiate dai giovani romeni per la trasferta da Latina alla Toscana, compatibili anche con le località dove erano stati rubati alcuni dei mezzi impiegati dai ladri, ma anche l’affittacamere dove avevano soggiornato. Quindi la perquisizione era stata autorizzata, dalla Procura, proprio in cerca di riscontri necessari a verificare quanto ipotizzato dagli investigatori della Polizia. Ovvero accertare se gli indagati fossero in possesso di documenti d’identità falsi e arnesi da scasso, come le strumentazioni tecnologiche utilizzate per avviare le auto rubate. Fatto sta che quando gli investigatori della Squadra Mobile di Siena e Latina hanno fatto irruzione nelle abitazioni degli indiziati, nel capoluogo pontino, uno degli indagati ha fornito la stessa identità falsa utilizzata per affittare la camera vicino Siena, esibendo un documento d’identità romeno contraffatto, poi sequestrato insieme ai vari telefoni trovati e altro materiale utile alle indagini. Nessuna traccia invece del documento falso utilizzato da un altro indagato.