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Acqualatina, il Pd chiede le dimissioni dell'intero Cda

Il segretario provinciale Sarubbo: "Il socio privato ha bloccato la sfiducia. È tempo di restituire rappresentanza pubblica all’azienda"

Acqualatina, il Pd chiede le dimissioni dell'intero Cda

Il segretario provinciale del Pd Omar Sarubbo

Dopo l’ultima assemblea dei soci di Acqualatina, nella quale è stata respinta la mozione di sfiducia nei confronti della presidente Cinzia Marzoli grazie all’astensione decisiva del socio privato Idrolatina/Italgas, il Partito Democratico provinciale rompe gli indugi e chiede l’azzeramento del Consiglio di amministrazione. A farlo è il segretario Omar Sarubbo, che definisce l’attuale situazione “un inaccettabile cortocircuito istituzionale”.

La mozione di sfiducia, presentata da 19 Comuni – pari ai 3/5 della componente pubblica – si è scontrata con il muro del 49% delle quote detenute dal partner privato, che ha scelto di non sostenere la richiesta di decadenza, consentendo di fatto la permanenza della Marzoli alla guida dell’azienda.

Non si tratta di un caso isolato, ricorda Sarubbo, ma dell’ultimo di una serie di episodi che segnalano una progressiva alterazione degli equilibri interni alla società. Solo un mese fa, infatti, lo stesso bilancio 2024 di Acqualatina era stato approvato in assemblea solo grazie al voto favorevole del socio privato, mentre 19 Comuni si erano espressi contro e due si erano astenuti.

Il Pd punta il dito contro quella che definisce una “gestione chiusa e arrogante” da parte di Fratelli d’Italia, accusata di aver “occupato” tutti gli spazi nel CdA con esponenti di parte, ignorando le richieste di collegialità. Tra gli episodi più contestati anche il tentativo – bloccato dai Sindaci dem – di aumentare le bollette del 9%.

Ora, dopo il commissariamento del Comune di Aprilia e le elezioni amministrative di Anzio e Nettuno, Sarubbo evidenzia un cambio nei rapporti di forza: “I numeri non sono più quelli di un anno fa, ed è evidente che la destra non rappresenta più la maggioranza del territorio”.

Per questo, il Pd chiede agli amministratori di nomina pubblica di dimettersi “per restituire alla società una guida realmente rappresentativa e plurale”, auspicando la nascita di un nuovo CdA capace di interpretare i bisogni degli utenti e di costruire una gestione condivisa dell’acqua, bene pubblico per eccellenza.

«Non è un feudo privato – conclude il segretario dem – ma una risorsa comune da amministrare con responsabilità».

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