Cerca

Il caso

Una svastica davanti la casa del segretario dei Giovani democratici Stefano Vanzini

Un simbolo inquietante davanti alla porta. Il post Facebook del segretario provinciale dei Giovani Democratici di Latina denuncia l’ennesimo gesto intimidatorio

Una svastica davanti la casa del segretario dei Giovani democratici Stefano Vanzini

Sabato mattina, un’immagine agghiacciante: davanti alla porta di casa di Stefano Vanzini, segretario provinciale dei Giovani Democratici di Latina, sassolini disposti con cura a formare una svastica. È il racconto diretto comparso su Facebook, subito divenuto oggetto di condivisioni, commenti e riflessioni.
«Mi stavo preparando per andare al congresso nazionale dei Giovani Democratici», scrive Vanzini. «Esco di casa. Davanti alla porta, una svastica. Sassolini, messi lì. Con cura. Con intenzione».

Non si tratta di un’unica occasione. Il dirigente politico rivela che in passato era già accaduto qualcosa di simile: una svastica disegnata con un dito sulla sua auto, ramoscelli disposti alla stessa forma, sempre lo stesso gesto. «Non so chi sia stato. E sinceramente, non mi interessa», sottolinea pubblicamente.

Eppure l’atto assume un significato ben preciso: «Chi usa un simbolo come quello – spiega – che nella storia è stato morte, sterminio, odio, non ha bisogno di spiegazioni. Si commenta da solo. È un cretino».
Vanzini rigetta la logica della paura: «Se voleva essere una minaccia, non lo è. Se voleva essere un messaggio – aggiunge – è un messaggio di miseria. Di ignoranza. Di buio. Di solitudine».

Dietro le parole c’è un contesto che, nella provincia di Latina, vive tensioni concrete: la politica giovanile, la rappresentanza democratica e la memoria storica si trovano spesso a confrontarsi con gesti che evocano un’urgenza antica – quella di tenere alta la guardia contro ogni forma di rigetto dell’altro e di rinascita di simboli che sembravano sepolti.

La scelta di Vanzini di denunciare pubblicamente l’accaduto si inserisce in questa logica: non solo come vittima di un gesto intimidatorio, ma come testimone della responsabilità collettiva. Perciò parla a nome di tutti i soggetti che credono nella democrazia, nella partecipazione e nella cultura della libertà. Racconta di una “casa” che non vuole essere solo il suo domicilio, ma il luogo simbolico della cittadinanza: «Casa mia» diventa casa comune.

I Giovani Democratici di Latina seguono con attenzione l’evolversi della vicenda, così come il partito provinciale e le istituzioni locali. Nessun accertamento pubblico, per ora, è stato reso noto dalle forze dell’ordine: il post non specifica se sia già stata presentata una denuncia formale, né fornisce altri dettagli su possibili testimoni o prove. Ma la scelta della comunicazione pubblica dimostra già un orientamento preciso: rifiutare il silenzio, trasformare la paura in dialogo.

In un territorio segnato da molteplici sfide — economiche, sociali, culturali — il caso è un richiamo: ogni simbolo antico può ritornare sotto nuove forme, e la sorpresa non elimina la responsabilità. «Non basta reagire» implica Vanzini: «Serve vigilare, intervenire, costruire memoria».

Alla politica, alle forze dell’ordine, ai cittadini tutti viene l’appello implicito: non ignorare. Quando un gesto è piccolo ma intende essere segnale, la comunità deve farsi carico del messaggio. Perché come ricorda lo stesso Vanzini, «la svastica è morte, sterminio, odio». E non può essere soltanto un sassolino sul pianerottolo.

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione