Il fatto
06.11.2025 - 13:00
Vittorio Iacovacci
Si è svolta ieri nella Sala Koch del Senato la conferenza di presentazione della proposta di legge per istituire una commissione d’inchiesta sulla morte del carabiniere Vittorio Iacovacci, originario di Sonnino, e dell’ambasciatore Luca Attanasio, uccisi in un agguato nella Repubblica Democratica del Congo il 22 febbraio 2021 insieme a Mustapha Milambo, l’autista del convoglio del PAM (il Programma Alimentare Mondiale dell’Onu contro la fame nel mondo) su cui viaggiavano.
L’iniziativa nasce dalla volontà delle famiglie delle vittime, sostenute da un gruppo di parlamentari, tra cui il primo firmatario, il senatore Marco Lombardo (Azione). L’esigenza di un’indagine più approfondita, capace di superare i limiti dell’inchiesta condotta dalla Procura di Roma, conclusasi con un non luogo a procedere, nasce proprio da lì. L’impossibilità di indagare sui funzionari del Programma Alimentare Mondiale, Rocco Leone e Mansour Rwagaza, che hanno invocato l’immunità diplomatica, ha di fatto calato un velo che impedisce di chiarire la vicenda. Sul fronte congolese, invece, la procura militare di Kinshasa ha portato alla condanna all’ergastolo di sei presunti responsabili dell’attacco. La commissione d’inchiesta proposta, punta a fare luce su tutti gli aspetti ancora oscuri, con l’obiettivo di garantire verità e giustizia per le vittime e le loro famiglie. Il fratello del Carabiniere Medaglia d’oro, Dario Iacovacci, ha così argomentato: «Una richiesta così rilevante, sostenuta da documentazione, testimonianze e gravi anomalie ancora senza risposta, non può e non deve essere archiviata per mere ragioni politiche. Sono morti un Ambasciatore della Repubblica, un Carabiniere dell’Arma e un impiegato. Lo Stato italiano è coinvolto direttamente, e profondamente. Dai Consigli Regionali di Lombardia e Lazio è emersa una convergenza ampia e trasversale ma constatiamo che a livello parlamentare si sta riducendo tutto a una questione politica. Nel frattempo, fatti gravissimi sono ormai di dominio pubblico, alcuni. Gravi ammanchi nei fondi destinati a progetti umanitari in Congo. Testimonianze di corruzione sistematica nella gestione dei visti presso l’ambasciata italiana a Kinshasa. Rileviamo indizi concreti sulla circostanza che l’ambasciatore Attanasio fosse intenzionato a denunciare tali irregolarità, ormai insostenibili. Anomalie evidenti nelle misure di sicurezza predisposte per la missione, nella gestione della stessa e, fatto ancor più inquietante, nella cancellazione delle email istituzionali dell’ambasciatore subito dopo la sua morte, forse cancellate dai servizi? E per quale motivo? C’era forse qualcosa da nascondere? Non sarebbe forse il caso di saperlo? L’ambasciatore Attanasio e mio fratello, Vittorio Iacovacci, si erano recati in missione proprio per verificare sul campo l’effettivo stato di avanzamento dei progetti umanitari. Le condizioni locali erano drammaticamente diverse da quanto riportato nei documenti ufficiali. Questo potrebbe aver rappresentato la loro condanna. L’assenza dello Stato italiano nel processo in Italia è inspiegabile. Chiedo quindi che tutti ci facciamo finalmente promotori dell’approvazione della Commissione parlamentare d’inchiesta».
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