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La sentenza

Uccise il padre, condanna ridotta in Cassazione

Pena ridotta a 6 anni e otto mesi per il 62enne Bruno Micci, nel 2019 provocò la morte dell’86enne

Pena ridotta da 11 a sei anni e otto mesi in Cassazione. Questa la sentenza emessa ieri dalla Corte suprema nei confronti di Bruno Micci, il 62enne fondano che nel 2019 uccise di botte il padre di 86 anni. L’uomo, difeso dall’avvocato Maurizio Forte, resta in carcere. La prima condanna venne inflitta dalla Corte d’Assise del tribunale di Latina presieduta da Gianluca Soana, e confermata in Appello, mentre la richiesta del pubblico ministero Martina Taglione era stata di 12 anni.
La vicenda risale al 7 dicembre 2019, quando l’uomo aggredì con estrema violenza il genitore. L’allora 59enne venne accusato di omicidio preterintenzionale aggravato dal legame di parentela: secondo quanto ricostruito dalle indagini, la sua intenzione non era quella di uccidere il genitore ma l’entità delle percosse che l’anziano subì lo portarono comunque alla morte in pochi giorni. La tragedia si registrò nella loro casa di Fondi al termine di una delle numerose discussioni tra padre e figlio. Discussioni che andavano avanti da tempo e che si facevano sempre più accese con il trascorrere dei giorni. Quel 7 dicembre, secondo la ricostruzione che fecero gli inquirenti, dopo gli attacchi verbali l’uomo passò all’aggressione: prese l’anziano, lo gettò a terra e iniziò a colpirlo con calci violentissimi. L’86enne tentò di parare i colpi inferti dal figlio ma i suoi tentativi si rivelarono vani. Le condizioni dell’anziano, che subì la rottura di clavicola e femore, erano già apparse disperate all’arrivo dei soccorritori del 118, che lo trasportarono immediatamente all’ospedale Fiorini di Terracina dove i medici cercarono di salvargli la vita ma senza riuscirci. L’86enne morì dopo alcuni giorni di agonia a causa delle gravi ferite riportate. Il figlio venne subito arrestato con l’accusa di omicidio preterintenzionale con l’aggravante del legame di parentela.

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