Politica
13.10.2025 - 10:15
Elezioni ad Anzio, nel rigettare il ricorso che chiedeva di verificare alcune discrepanze tra votanti e voti e ipotizzava qualche broglio, il Tar di Roma ha premesso una cosa fondamentale: «In materia di operazioni elettorali, rilevano le irregolarità sostanziali, tali cioè da influire sulla sincerità e sulla libertà di voto, atteso che la nullità delle operazioni di voto può essere ravvisata solo quando, per la mancanza di elementi o requisiti di legge, sia stato impedito il raggiungimento dello scopo al quale l’atto è preordinato».
La sentenza continua così: «L’invalidità delle operazioni elettorali può essere ravvisata solo quando manchino elementi o requisiti che impediscano il raggiungimento dello scopo cui il medesimo atto è prefigurato, mentre non può comportare l’annullamento delle stesse operazioni la mera irregolarità, ossia quei vizi da cui non derivi alcun pregiudizio per le garanzie e alcuna compressione della libera espressione del voto; tale principio deve essere applicato congiuntamente con quello di conservazione delle operazioni elettorali a tutela del risultato elettorale».
Per il collegio «la pura e semplice mancanza di corrispondenza tra il numero delle schede autenticate e non utilizzate ed il numero degli elettori che non hanno votato» non è sufficiente a provare «l’illegittimità del procedimento elettorale sollevando, per ciò solo, la parte dall’onere di dimostrare la ricorrenza di altre irregolarità che facciano supporre un comportamento illecito degli uffici elettorali o, quantomeno, che escludano la ricorrenza di altre plausibili spiegazioni se non quella, appunto, della pratica della c.d. ‘scheda ballerina’; dimostrare che l’illegittimità in questione abbia determinato una sostanziale modifica dei risultati medesimi, superando la c.d. ‘prova di resistenza’».
La sentenza quindi ripercorre tutti i numeri delle varie sezioni in cui qualche criticità è stata ravvisata, ma ritenuta ininfluente ai fini dell’esito finale e in qualche caso legata a errori materiali in trascrizioni o sostituzione di schede deteriorate.
D’altronde «La mera mancanza di corrispondenza numerica tra le schede autenticate e quelle non utilizzate – scrive il giudice – non è sufficiente a dimostrare l’illegittimità del procedimento elettorale se non accompagnata da ulteriori elementi che provino un’effettiva alterazione della volontà dell’elettorato».
Rigettate anche le censure sull’operato dell’Ufficio elettorale centrale che avrebbe corretto, illegittimamente, i risultati di alcune sezioni. Agli operatori viene concesso «al massimo, un giudizio di confusione sull’andamento delle predette operazioni». Insomma qualche criticità c’è stata, ma non ha comportato una modifica sostanziale e degna di nota dell’esito finale del voto.
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