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Il caso

Un treno sospeso nel limbo da oltre 12 anni, odissea infinita

Venti chilometri di strada ferrata verso Priverno-Fossanova chiusi dal settembre 2012 nonostante annunci e promesse

Un treno sospeso nel limbo da oltre 12 anni, odissea infinita

Venti chilometri di strada ferrata tra Priverno-Fossanova e Terracina. Una linea ferroviaria inaugurata nel 1892, dunque più antica della Roma-Napoli, ed elettrificata alla fine degli anni ’70. Dal 21 settembre 2012 è chiusa a causa del necessario intervento di messa in sicurezza dopo la caduta a un passo dai binari di un grosso masso che si è staccato dal Monte Cucca, tra le frazione del Frasso e La Fiora. Da quel momento Terracina è stata esclusa, di fatto, dal collegamento con Roma subendo notevoli svantaggi rispetto ad altre località turistiche. Nel 2017 la Regione Lazio stanzia la somma di 4 milioni di euro, affidandola al Comune, per le necessarie opere di messa in sicurezza ma ci vuole il 2021 perché lo stesso Ente locale affidi i lavori alla ditta individuata previo anticipo del 20%.
Però gli interventi per la messa in sicurezza e il ripristino della linea ferroviaria non iniziano. Il motivo? Alberi di ulivo da espiantare e la condotta idrica da spostare da parte di Acqualatina: il Comune, infatti, non aveva previsto né le piante sulle aree limitrofe né una condotta che passava proprio sotto i terreni interessati dai lavori. Alla fine il gestore idrico sposterà la condotta ma degli interventi di messa in sicurezza nessuna traccia. A febbraio scorso venne istituito un tavolo tecnico presso il Ministero dei Trasporti anche alla presenza del Ministero dell’Ambiente, di Ferrovie, RFI, Prefettura di Latina e Comune di Terracina per superare una volta per tutte l’impasse.
Nel frattempo, in città, si è fatto sentire in più occasioni il comitato pro ferrovia che, davanti al “limbo”, alla fine ha inviato al Ministro dei Trasporti Matteo Salvini e all’attuale sindaco Francesco Giannetti una petizione firmata da più di 1500 persone per chiedere la riattivazione urgente della ferrovia a causa dei gravi danni economici per la città, per i pendolari e per i turisti. Eppure, nel 2022, qualcosa si era mosso quando l’allora primo cittadino Roberta Tintari annunciò l’inizio dei lavori con conclusione nel 2023. Lavori che durarono giusto il tempo di fermarsi per i problemi legati agli alberi e alla condotta idrica.
E siamo ai giorni nostri, con il Comune che ha riqualificato i locali della stazione ma senza annunciare più nulla sull’intervento principale. Un silenzio che, a livello politico, ha cercato di interrompere soprattutto il partito di Azione con il pressing del suo responsabile locale Arcangelo Palmacci il quale, insieme all’onorevole Valentina Grippo, ha anche presentato due interrogazioni parlamentari, il 5 maggio 2023 e il 15 maggio 2024, ricevendo una risposta dal sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i Trasporti Tullio Ferrante in data 29 maggio 2024: «Rappresento che la Regione Lazio ha formalmente manifestato la volontà di riattivare il servizio viaggiatori della linea ferroviaria Terracina - Priverno-Fossanova e a tal proposito - disse Ferrante - ha trovato riscontro l’Accordo Quadro tra Regione Lazio e RFI in coerenza con il Piano Regionale della mobilità dei trasporti e che in conseguenza di tale valutazione è stato attivato il tavolo tecnico con l’obiettivo, partendo dal ripristino delle condizioni di sicurezza dell’area interessata dall’evento franoso, di condividere un piano di azione e individuare i relativi fabbisogni finanziari per la riattivazione dell’infrastruttura. In questi mesi - aggiunse quel giorno Ferrante - sono stati analizzati gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. Adesso il Ministero dei Trasporti procederà ad individuare e proporre nei propri documenti di programmazione forme di finanziamento articolate, anche in una o più fasi, per i successivi sviluppi progettuali».
L’intervento complessivo, tra messa in sicurezza del crinale e riqualificazione della linea, è stato quantificato in oltre 70 milioni di euro. Mentre non si è saputo più nulla nemmeno dell’utilizzo dei 4 milioni regionali. E l’odissea continua.

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