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L'intervento

Violenza sulle donne, Mulè:  serve educazione per prevenirla

La consigliera di Fdi parla alla vigilia della giornata contro la violenza sulle donne

Violenza sulle donne, Mulè:  serve educazione per prevenirla
Un appello a un cambiamento culturale profondo, a partire da Latina, per rendere realmente efficace la prevenzione della violenza sulle donne. È la linea tracciata dalla consigliera comunale di Fratelli d’Italia, Simona Mulè, che interviene dopo le recenti novità normative introdotte dal Parlamento, compreso il voto unanime sul nuovo DDL Femminicidio. Un passaggio definito «storico» perché dimostra come il tema non sia terreno di scontro politico ma responsabilità condivisa.
Mulè, però, mette in guardia dal rischio opposto: «Potenziare tutele e prevenzione è fondamentale, ma non dobbiamo smarrire l’identità femminile nelle sue sfaccettature, comprese quelle legate alla maternità e ai percorsi di vita scelti liberamente da tante donne». L’empowerment, spiega, deve tradursi in libertà economica, accesso alle opportunità e capacità di sottrarsi alle dinamiche di controllo, senza però cancellare le differenze che caratterizzano le persone e i ruoli all’interno delle famiglie.
È proprio la famiglia, secondo Mulè, il primo presidio educativo: «Il rispetto, la gestione dei conflitti, la percezione del ruolo della donna si imparano innanzitutto a casa. Se un ragazzo cresce in un ambiente dove la donna è svalutata, il danno culturale è già avvenuto quando le istituzioni intervengono». Per questo, accanto alla scuola e agli operatori, la consigliera chiede che si sostengano le famiglie e si valorizzino i modelli positivi, evitando derive ideologiche che rischiano di confondere il dibattito.

Il tema della violenza di genere, nella lettura di Mulè, è strettamente connesso anche al mondo del lavoro. Da Consigliera di Parità, ricorda di vigilare su mobbing, pressioni economiche, molestie e demansionamenti che colpiscono molte lavoratrici — in particolare durante e dopo la maternità. «La maternità non può essere una penalizzazione. Quando una donna perde autonomia economica o subisce pressioni sul lavoro diventa più vulnerabile anche nella vita privata. Il controllo economico è spesso uno dei primi segnali della violenza domestica». Per questo la lotta alla violenza passa anche da un’occupazione stabile, sicura e dignitosa.
Altro pilastro è la formazione obbligatoria degli operatori: polizia, magistrati, personale sanitario, servizi sociali. Mulè ricorda che la legge nazionale prevede linee guida per formare in modo omogeneo chi per primo intercetta le vittime: «Senza competenze specifiche, nessun protocollo può funzionare. I reati sentinella — minacce, stalking iniziale, isolamento economico — vanno riconosciuti subito». Non bastano norme avanzate, occorrono organici adeguati, preparazione tecnica e reti territoriali solide.

Mulè guarda con favore alle esperienze già avviate da alcune Procure, ma invita a trasformarle da iniziative volontarie a obblighi standardizzati, omogenei a livello nazionale. Allo stesso modo, sottolinea l’importanza della formazione degli operatori scolastici per riconoscere dinamiche di controllo tra adolescenti e per contrastare i linguaggi tossici che spesso circolano negli ambienti digitali.
Infine, la consigliera avverte: «Contrastare la violenza di genere è una responsabilità collettiva che richiede concretezza, competenza e una rete istituzionale che funzioni davvero». Per Mulè, intervenire significa non solo proteggere le vittime ma anche costruire un terreno culturale più solido, capace di prevenire quei comportamenti che, troppo spesso, sfociano nella violenza. «È un impegno che riguarda la vita e la libertà di ciascuna di noi», conclude.

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