Giudiziaria
08.12.2024 - 21:30
Sentenza annullata e invio degli atti alla Corte di Appello. Questa la decisione adottata dalla Corte di Cassazione nei confronti di un sessantenne di Castelforte, accusato, nel 2016, di aver costretto una minorenne, amica della figlia, a subire atti sessuali all’interno della sua autovettura. In seguito alla denuncia l’uomo fu condannato in primo grado dal Tribunale di Cassino a quattro anni e otto mesi, sentenza poi riformata in Appello a quattro anni e due mesi. Il legale dell’uomo, l’avvocato Gianfranco Testa, ha presentato ricorso presso la Suprema Corte, chiedendo l’assoluzione del suo assistito, sottolineando che la sentenza si fondava in modo prevalente sulle dichiarazioni della minorenne, scrutinate in maniera parziale e selettivo e che non davano completa valutazione delle dichiarazioni della figlia dell’imputato, tra l’altro sempre presente ai fatti. Quest’ultima ha sempre ribadito di non aver mai lasciato sola col padre la sua amica. Inoltre non è stato considerato nella dovuta maniera i riscontri esterni e in particolare lo stato dei luoghi, teatro degli accadimenti e dei filmati acquisiti al processo, provenienti dalle telecamere di videosorveglianza. Una vicenda dai contorni particolari e che riguardava due episodi: uno che secondo la vittima sarebbe avvenuto sul lungomare di Minturno e un altro all’esterno di un locale di SS. Cosma e Damiano. Per l’avvocato Testa sarebbero state sottovalutate le bugie della minorenne, che aveva riferito che la figlia del sessantenne le aveva detto che anche lei era stata violentata da due amici del padre. Fatti completamente smentiti dalla stessa figlia, accusata anche di essere complice del padre, favorendone così gli approcci libidinosi. Per il legale dell’uomo di Castelforte c’è stata un’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche, per mancanza, contradditarietà manifesta e illogicità della motivazione. La difesa ha anche rimarcato il fatto che la paura della persona offesa del mondo esterno, degli adulti, il timore di subire aggressioni, provenienti dalle raccomandazioni genitoriali, manifestata più volte, è alla base del comportamento della vittima, influenzata anche dal contesto ambientale e familiare in cui vive. Per l’avvocato Testa le motivazioni delle due sentenze sono carenti e contradditorie, tanto che la richiesta di una misura cautelare presentata dal Pm di Cassino non fu presa in considerazione dal Gip. Nel ricorso di oltre trenta pagine l’avvocato Testa mette in evidenza altri particolari, che aggiunti a quelli succitati, hanno convinto i giudici della Suprema Corte ad annullare la sentenza (non c’è più il reato ostativo) e a rimandarla di nuovo ad un’altra sezione della Corte di Appello.
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