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Cronaca

Paolo, il suicidio, il bullismo e quelle domande senza risposta

Il punto sulla tragedia di Santi Cosma e Damiano: fascicolo per istigazione al suicidio, telefoni sequestrati, verifiche ministeriali negli istituti frequentati dal ragazzo

Paolo, il suicidio, il bullismo e quelle domande senza risposta

Paolo Mendico, morto a 15 anni

La morte di Paolo Mendico, 15 anni, trovato senza vita l’11 settembre nella sua casa di Santi Cosma e Damiano, continua a scuotere la provincia di Latina e a muovere inchieste su più fronti. La Procura di Cassino ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di istigazione al suicidio e ha disposto l’autopsia; sono stati sequestrati lo smartphone del ragazzo e i dispositivi di alcuni coetanei per ricostruire relazioni, chat e ultime ore prima della tragedia. Le verifiche tecniche sui supporti e sui profili social sono in corso.

Sul versante scolastico, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha telefonato al padre di Paolo esprimendo vicinanza e ha disposto ispezioni nelle due scuole frequentate dal giovane — la media del territorio e l’Istituto tecnico “Pacinotti” — per accertare eventuali omissioni nella gestione di episodi di bullismo segnalati dalla famiglia negli anni passati. Le verifiche ministeriali sono state avviate nelle ultime ore.

Secondo quanto ricostruito da fonti investigative, i genitori avevano presentato segnalazioni già tre anni fa, tanto da indurre un trasferimento dell’alunno dalla scuola media del paese a un istituto di Castelforte; gli inquirenti stanno rileggendo quelle denunce e analizzando eventuali elementi digitali che confermino un contesto di vessazioni. Denunce confermate nelle ultime ore dal padre del ragazzo.

Negli stessi giorni, il fratello maggiore di Paolo ha diffuso una lettera indirizzata al ministro Valditara e alla presidente del Consiglio, in cui attribuisce ai bulli le responsabilità di un accanimento prolungato. Il testo, rilanciato da diverse testate nazionali, ha impresso un’accelerazione all’attenzione pubblica e istituzionale sul caso.

Il quadro che emerge dalle prime ricostruzioni è complesso. Alla vigilia del rientro a scuola, il ragazzo aveva scritto sulla chat di classe un messaggio dal tono quotidiano — «Se faccio tardi conservatemi un posto tra i primi banchi» — che rende ancora più spiazzante il gesto maturato poche ore dopo. La comunità lo ha salutato con una chiesa gremita nel Santuario dei Santi Cosma e Damiano; contestualmente, il ministro ha annunciato l’invio di ispettori negli istituti coinvolti.

Resta da chiarire quanto la scuola sapesse e che cosa abbia fatto. Alcune cronache riferiscono che, a maggio, Paolo aveva chiesto l’accesso allo sportello psicologico dell’istituto, un percorso che non sarebbe partito per la chiusura dell’anno scolastico; al Comune non risultano richieste al Servizio sociale, elemento che ora verrà valutato insieme al resto della documentazione.

Le indagini della Procura — coordinate dal procuratore Carlo Fucci — mirano a stabilire se, e in quale misura, comportamenti di coetanei possano configurare responsabilità penali. L’ipotesi di reato resta quella di istigazione o aiuto al suicidio, ma ogni valutazione definitiva è rimessa agli accertamenti peritali e alle audizioni che i Carabinieri stanno conducendo.

Nell’immediato, il caso ha riacceso il dibattito sul bullismo e sugli strumenti di prevenzione nelle scuole. Valditara ha ricordato l’obbligo per i dirigenti di convocare le famiglie e attivare percorsi educativi quando emergono episodi, con eventuale segnalazione alle autorità nei casi più gravi: sul rispetto di tali procedure negli istituti frequentati dal ragazzo sarà fatta piena luce.

Per la provincia di Latina, la storia di Paolo non è solo la cronaca di una perdita, ma il banco di prova di una rete che va resa più solida: scuola, famiglie, servizi, comunità. L’inchiesta dirà se ci sono state responsabilità. Il dovere civile, intanto, è trasformare il dolore in prevenzione, perché i corridoi delle scuole tornino ad essere luoghi sicuri e capaci di ascolto per tutti.

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