Il fatto
04.07.2025 - 21:04
Ricorso della Procura Generale per la sentenza emessa lo scorso 18 febbraio dalla Corte d'Assise d'Appello di Roma per l'omicidio di Massimiliano Moro, ucciso nel suo appartamento di Largo Cesti a Latina da due colpi di pistola. L'agguato era avvenuto la sera del 25 gennaio del 2010.
I giudici della Corte d'Assise d"Appello avevano assolto Antongiorgio Ciarelli e Ferdinando Pupetto Di Silvio e avevano condannato a 15 anni e quattro mesi di reclusione Simone Genga ritenuto l'esecutore materiale e Ferdinando Ciarelli detto Macu.
In oltre trenta pagine il sostituto procuratore generale Paolo D'Ovidio, presso la Corte d'Appello di Roma, ricostruisce i ruoli degli imputati e descrive il momento storico di quando sono avvenuti i fatti. "Le motivazioni della Corte d'Appello risultano deficitarie e illogiche. L'omicidio Moro - osserva la pubblica accusa- rappresenta il vero atto di fondazione di una inedita alleanza criminale stipulata tra le due famiglie rom il cui scopo era quello di impadronirsi della scena criminale latinense. La motivazione della Corte d'Appello, appare mancante o illogica essendosi posta in insanabile contrasto con evidenze probatorie ricavabili da sentenze passate in giudicato".
La data del processo in Corte di Cassazione non è stata ancora fissata.
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