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La sentenza

Inseguito dal genero dopo la rapina a un'anziana, condanna batosta

La Cassazione conferma la pena a cinque anni di carcere per Roberto Vico. Il fatto un anno e mezzo fa in pieno centro a Latina

Canoni di locazione non pagati dal Comune, la ex Provincia fa ricorso in Cassazione

A un anno e mezzo dal suo arresto in pieno centro, è già definitiva la sentenza di colpevolezza per rapina pronunciata nei confronti di Roberto Vico, latinense di 32 anni. Con decisione assunta lo scorso 6 maggio, ma resa pubblica solo nei giorni scorsi, la Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato per suo conto dal difensore, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e un’ammenda di tremila euro. Così facendo gli “ermellini” del Palazzaccio hanno ritenuta legittima la decisione con cui la Corte d’Appello di Roma aveva confermato la pronuncia del Tribunale di Latina, che aveva condannato l’uomo alla pena di cinque anni di reclusione.
Il fatto risale al 18 gennaio dello scorso anno, quando Roberto Vico aveva stappato la borsa dalle mani di una donna di 75 anni, cogliendola di sorpresa mentre parcheggiava l’auto tra via Guido Reni e via Canova, strade secondarie situate nella zona tra l’ospedale Santa Maria Goretti e il Palazzo della Cultura. Sia la vittima che il genero avevano inseguito il rapinatore, raggiungendolo sul lato opposto del teatro. Vico all’epoca trentenne era salito in cima alla scala a chiocciola d’emergenza dell’edificio pubblico e aveva minacciato sia la donna che il congiunto impugnando una siringa. Era riuscito quindi a guadagnare la fuga, ma il genero della pensionata aveva continuato a seguirlo e poi a rincorrerlo quando si era accorto di lui e aveva provato a dileguarsi, consentendo ai carabinieri della Sezione radiomobile di bloccare il fuggitivo nei pressi del parcheggio delle ex autolinee in centro. Con sé il fermato aveva sia i soldi sottratti alla donna poco prima che un’ulteriore somma, per un totale di 500 euro.
Arrestato e interrogato dal giudice per l’indagine preliminare, l’uomo aveva ammesso i fatti e chiesto scusa, quindi il pubblico ministero Marina Marra aveva ottenuto il giudizio immediato e sei mesi dopo, nel giugno dello scorso anno, Roberto Vico era stato condannato  a cinque anni di reclusione dal collegio dei giudici presieduto da Gian Luca Soana, che lo ha riconosciuto colpevole del reato di rapina, con l’aggravante dello strappo e di avere agito in danno di una persona ultra sessantacinquenne.
Quindi dopo un primo ricorso, lo scorso novembre i giudici della Corte d’Appello di Roma aveva confermato la sentenza di primo grado con una decisione poi impugnata, che ora la Cassazione ha ritenuto legittima. L’ulteriore ultimo ricorso di Roberto Vico puntava sul vizio di motivazione della sentenza di secondo grado, in relazione al mancato riconoscimento dell'attenuante del fatto di lieve entità in riferimento al reato di rapina e al diniego all’esclusione dell'aggravante. I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto il ricorso «indeducibile poiché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e, perciò, non scandito da analisi critica delle argomentazioni alla base della sentenza impugnata».
La Corte d’Appello aveva integrato infatti l’aggravante dell’utilizzo dell’arma, ossia la siringa, ritenendo oltretutto che il fatto commesso non fosse di lieve entità. Ne è derivato quindi che il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la conseguente ulteriore condanna al pagamento di spese processuali e ammenda, rendendo definitiva la decisione assunta in primo grado dal Tribunale di Latina.

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