L'intervista
03.12.2025 - 12:00
Il senatore Nicola Calandrini
In Italia sta nascendo qualcosa che non era mai accaduto prima: una Fondazione sostenuta da una legge di iniziativa parlamentare, pensata per costruire il futuro di una città. Un passaggio che il senatore di Fratelli d’Italia Nicola Calandrini, che l’ha fortemente voluta e portata avanti, definisce “dirimente”, perché cambia la storia di Latina molto più di quanto lui stesso avesse immaginato. «Non pensavo che saremmo arrivati fin qui», ammette in questa intervista ripercorrendo passato, presente e prospettive della legge che ha portato alla Fondazione Latina 2032. «Quando, insieme agli altri senatori Claudio Fazzone, Andrea Paganella e Roberto Menia e al sottosegretario Claudio Durigon (che ha sostenuto l’iniziativa) presentai il testo, non avevo la piena consapevolezza della sua forza. Poi una serie di coincidenze favorevoli, il lavoro in Parlamento e il contributo di maggioranza e opposizione hanno portato a un voto unanime che ha cambiato completamente la prospettiva. Quel clima di collaborazione ha migliorato la legge e spero che lo stesso spirito possa riflettersi ora sulla città».
Oggi, con la costituzione giuridica davanti al notaio e la nomina del rappresentante legale, l’operazione è entrata nella fase in cui “si fa sul serio”.
Senatore, la legge 130/2024 è stata approvata un anno fa dà vita a una Fondazione unica in Italia: qual è il suo vero valore per Latina?
«Sono profondamente soddisfatto della nascita della Fondazione perché non è una fondazione qualsiasi. È l’unica in Italia sostenuta da una legge approvata dal Parlamento nazionale. Per Latina rappresenta il treno della vita: non possiamo permetterci di perderlo. È una fondazione di diritto privato, ma integra al suo interno l’intera filiera istituzionale — Stato, Regione, Provincia, Comune e Camera di Commercio. Una rete senza precedenti nel panorama italiano. Questo modello non solo valorizza Latina ma la colloca in un sistema forte, stabile, capace di andare oltre le maggioranze politiche che si alterneranno nei vari enti negli anni. Mi spiace che dopo un’iniziale unanimità in seno al Consiglio Comunale, nell’ultima votazione da parte di alcune forze di opposizione siano stati espressi voti di astensione».
In merito a questo passaggio cosa vuole dire alle forze politiche del consiglio comunale?
«Che questo è un progetto che va al di là delle posizioni politiche, riguarda l’intera comunità cittadina e spero si possa ritrovare quell’unità che ha caratterizzato l’iter legislativo anche a livello locale. E’ importante il contributo di tutti. Tengo anche a riconoscere il ruolo di Vincenzo Zaccheo. Nel 2021, durante la campagna elettorale, ebbe l’intuizione di una legge per il centenario, ma non fu possibile portarla avanti: eravamo all’opposizione e la legislatura stava finendo. Presentai quel disegno di legge come uno dei primi atti, avviando un percorso che oggi è diventato realtà.
Quali passaggi amministrativi mancano perché la Fondazione diventi pienamente operativa?
«Ora siamo nella fase degli adempimenti. La Camera di Commercio e la Regione nomineranno i propri rappresentanti tramite decreto; Comune e Provincia procederanno con avvisi pubblici; il Ministero della Cultura designerà il Presidente, sentito il sindaco. Come stabilito nell’atto costitutivo, tutto dovrà essere completato entro il 31 gennaio 2026. È un percorso tecnico complesso, ma siamo nei tempi. Intanto il Comune ha individuato l’immobile di piazza Dante che, dopo i lavori diventerà la sede della Fondazione».
La Fondazione dispone sulla carta di quasi 10 milioni di euro. Le risorse economiche sono importanti, ma non il cuore del progetto: può spiegare perché?
La Fondazione acquisirà personalità giuridica con la registrazione in Prefettura. Da quel momento potrà aprire il conto bancario e ricevere i primi 200 mila euro del 2024. Nel 2025 arriveranno 500 mila euro e dal 2026 il contributo annuale sarà di 300 mila euro. Ma la vera forza non è solo nelle risorse — pur fondamentali — bensì nella struttura istituzionale condivisa che permette di dare continuità e visione e che auspico possa vedere presto l’ingresso di tanti altri soggetti privati».
La Fondazione nasce per essere il motore di una visione. Quali progetti culturali, urbani e formativi avete già messo in campo?
Siamo nella fase iniziale. Ma ci sono momenti simbolici da cui ripartire: ad esempio il consiglio solenne del 4 ottobre 2024. Al teatro erano presenti il sindaco, tutti gli stakeholder istituzionali, parlamentari e grandi aziende nazionali. La Fondazione nasce con una missione che va ben oltre la gestione di eventi o iniziative: deve diventare il motore della visione complessiva di Latina proiettata come città europea. Non è un organismo di rappresentanza o un contenitore vuoto: è uno spazio dove si costruisce culturalmente, tecnicamente e istituzionalmente il futuro della città».
Quali nuovi partner immaginate di coinvolgere?
A quel consiglio erano presenti Poste, Enel, Leonardo, Sogin, Terna e molte altre realtà strategiche. Hanno manifestato interesse. Significa che c’è attenzione nazionale verso Latina. La Fondazione potrà stipulare accordi di valorizzazione con questi soggetti. E punta a coinvolgere anche privati qualificati: è un’operazione aperta, capace di dialogare con il mondo. Latina ha una storia unica: negli anni della bonifica era la città più studiata e fotografata d’Europa, un laboratorio di modernità. Nel 2032 sarà la città più giovane d’Europa».
Una parte del dibattito teme che la Fondazione resti un “contenitore vuoto”. Quali strumenti garantiranno partecipazione e continuità fino al 2032, a prescindere dai cambi di governo?
«Il compito della Fondazione non è celebrare, ma costruire una visione strategica, è trasformare l’anniversario in una visione strategica, non in un esercizio di memoria. Latina deve tornare a essere un laboratorio nazionale e internazionale. Per questo i progetti dovranno avere respiro europeo, dialogare con istituzioni, grandi aziende e privati qualificati. Ed è qui la forza della Fondazione: integra in un’unica struttura Stato, Regione, Provincia e Comune. Nessun’altra città ha un ecosistema istituzionale simile che renderà possibile uno sviluppo coerente, coordinato e continuo».
La governance prevede molti attori istituzionali. Come evitare che si trasformi in un sistema paralizzato dalla rappresentanza?
«La governance è solida: Presidente ministeriale, Collegio dei Fondatori, Comitato Scientifico. E voglio essere chiaro: la Fondazione non distribuirà contributi a pioggia. Sarà un luogo che seleziona progetti ad alto impatto culturale, urbanistico ed economico. Non parliamo di piccole mostre o feste di quartiere, ma di interventi che lasciano il segno, che definiscono il futuro della città per i prossimi cento anni».
Come evitare che resti confinata al capoluogo? E quale deve essere il rapporto con il Comune?
«Deve essere un rapporto di collaborazione, non di sovrapposizione. La programmazione strategica della città resta responsabilità del Comune, ed è giusto così. La Fondazione lo affiancherà, accelerando processi e mettendo a disposizione visione, connessioni e capacità progettuale. Latina, ad esempio, è sempre più una città universitaria: oggi accoglie 5 mila studenti. La Fondazione la sosterrà trasformando il nucleo attuale in una vera cittadella universitaria. Lo stesso vale per lo sviluppo urbanistico, la rigenerazione delle periferie, il rapporto con i grandi player nazionali, l’attrazione di investimenti privati. E penso al lungomare: un valore enorme che ha bisogno di una norma speciale, da costruire con la Regione Lazio. L’amministrazione si occuperà dei compiti quotidiani; la Fondazione della visione, delle connessioni e della capacità di tenere salda la rotta verso il 2032».
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