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L'incontro

"Prima gli esseri umani": folla per Roberto Saviano al Miramare

Lo scrittore partenopeo schierato per i diritti degli immigrati: "Un giorno potremo dire di non essere stati complici di questa barbarie"

"Prima gli esseri umani": folla per Roberto Saviano al Miramare

Foto di Paola Libralato

Bagno di folla, ieri all'Hotel Miramare, per uno degli ospiti più attesi del Festival "Come il vento nel mare": Roberto Saviano. L'autore partenopeo, tra le più carismatiche firme dell'editoria italiana contemporanea, ha incontrato i lettori pontini, il direttore artistico della rassegna Massimiliano Coccia e il sindacalista italo-ivoriano Aboubakar Soumahoro per parlare di migrazioni, di diritto alla vita, dell'esigenza di riscoprire lo spirito di accoglienza che si dice sia connaturato al popolo italiano. E per riformulare un motto ormai celebre in senso spiccatamente filantropico: "Prima gli esseri umani".

"Il mondo democratico è polverizzato - ha detto Saviano -.  Questo è il momento di aprirsi ad un'empatia maggiore, di permettere ad altri di capire che il nostro territorio sta morendo, che ha bisogno della migrazione e che gestire l'accoglienza non sottrae alcun diritto all'italiano, anzi può soltanto valorizzarlo. Non dobbiamo avere paura di guardarci, pur sapendo che quella per i diritti degli immigrati sarà una battaglia lunghissima, difficile soprattutto perché a differenza di tante altre, che si sono combattute in passato, porterà ciascuno di noi alla perdita di qualcosa: quando tra non molto qualcuno si volterà verso questi giorni e si chiederà come sia stato possibile assistere alle morti nel Mediterraneo, ai maltrattamenti subiti dalle persone che stavano costruendo il nostro Paese, potremo dire di non essere stati complici". 

Il microfono è passato poi a Soumahoro, che già in apertura di dibattito aveva omaggiato la memoria di Soumaila Sacko, migrante regolare e attivista del sindacato Usb, impiegato come bracciante nelle piantagioni della Piana di Gioia Tauro, ucciso a San Calogero (Calabria) nel giugno scorso. Aboubakar ha raccontato il viaggio compiuto per riportare il corpo di Sacko a casa, in Mali, e in seguito ha rimarcato le fragilità di un equilibrio continentale fondato su "processi strutturali, geopolitici e ambientali che nell'arco di trent'anni ci porteranno ad avere 143 milioni di persone in fuga dai propri luoghi di residenza per via dei cambiamenti climatici, più altri 815 milioni colpiti dalla fame. Cominciamo a parlare di noi, un "noi" che non sia di chiusura, di odio, di diffidenza, di senso del pericolo nell'incontro con l'altro: quella percezione distorta della realtà che grida all''invasione' (quando i migranti in Italia non coprono più del 5 per cento della popolazione totale) è la stessa che ha costretto milioni di giovani, con tanto di carta d'identità italiana, a prendere un volo low cost e ad andarsene, perché qualcuno li ha privati della possibilità di vivere il loro sogno in Italia". 

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